Apposizione dei fiori e omaggio al cippo, 22 aprile 2023, 78° anniversario della Liberazione

 

Introduzione

Il 12 dicembre 1944, la Guardia nazionale repubblicana compie una retata alla ricerca di nove disertori sangiorgesi, che, dopo aver abbandonato l’esercito in ottobre, si erano nascosti nelle loro case e avevano consegnato le armi ai partigiani. Erano chiamati disertori, ma in realtà erano così apostrofati coloro che rifiutavano di arruolarsi e combattere per l’esercito della Repubblica di Salò.
Vengono trovati nelle loro abitazioni, catturati e fucilati. I corpi di Clorindo Belluzzi (38 anni), Paolo Brunetti (45), Guerrino Colombari (41), Carlo Culatina (19) e Gilberto Gamberini (38) vengono ritrovati in via Cinquanta. Carlo Culatina, che da tempo collabora con il battaglione Tampellini, è riconosciuto partigiano.

Così ricorda il cippo in loro onore:

Il 12 dicembre 1944, vittime della ferocia fascista qui caddero
Belluzzi C.
Brunetti P.
Culatina C.
Gamberini G.
Colombari G.
a ricordo l’A.N.P.I. di San Giorgio di Piano nel 6° Anniversario della Liberazione

Testimonianza di Luigi Lipparini

San Giorgio di Piano, Sede ANPI, 3 febbraio 2023

Vicino al cippo di Cinquanta, che sta sul luogo del massacro, c’era la casa della famiglia Passerini, miei cugini e persone antifasciste.
Nel pomeriggio del 12 dicembre 1944, le camicie nere andarono dal capo famiglia Passerini e gli dissero che quella sera, durante il coprifuoco che iniziava alle 19.30, nessuno doveva uscire di casa, qualsiasi cosa succedesse o si sentisse.
Quella sera in casa Passerini si sentirono rumori, colpi e richieste di aiuto ma il capo famiglia, dato l’ordine ricevuto nel pomeriggio, non si sentì di uscire per verificare il motivo dei rumori. Chiese però di farlo a un soldato tedesco che era alloggiato nella loro casa, in quel periodo molti militari tedeschi abitavano in case coloniche insieme alla famiglia contadina.
Il militare uscì e dopo aver verificato rientrò dicendo: “Sono tutti civili”.
Si sentì poi arrivare un camion che s’impantanò anche sul prato dell’aia e caricò i corpi che, successivamente, vennero portati al cimitero di San Giorgio.
Corrado Passerini dalla finestra della cucina vide che sul luogo del massacro alcune persone non identificate cercavano di coprire le tracce di sangue che erano rimaste sul prato, mascherando così il luogo dell’eccidio.