di Fabio Govoni

 

Il mio incontro con la storia di Omero Schiassi – il cui nome conoscevo solo perché a San Giorgio di Piano c’è una via, per altro molto corta, a lui intitolata – è avvenuto nel luglio 2004, all’inizio del mandato da assessore comunale alla Cultura, grazie a chi ha deciso di intraprendere un lungo viaggio. E mi riferisco al viaggio del professor George Venturini, il quale nel luglio 2004 mi annunciò il suo arrivo in Italia, per due settimane, per terminare i suoi studi su tre esuli italiani perseguitati dal fascismo, fuggiti in Australia a causa delle loro idee politiche. Si trattava di Omero Schiassi (sangiorgese e socialista), Francesco Fantin (veneto e anarchico) e Massimo Montagnana (torinese e comunista). E proprio in quell’occasione che è stata promossa un’iniziativa pubblica sul tema “L’eredità di Omero Schiassi” e il debito che ancora si deve al nostro concittadino emigrato in Australia.

Di quei giorni ricordo che furono due le circostanze che mi colpirono molto: conoscere la straordinaria storia della vita di Schiassi e la tenacia del professor Venturini che, all’età di 76 anni, aveva volato per ventisei ore a proprie spese per venire in Italia e finire di raccontare la storia di tre persone che neppure aveva conosciuto. Nacque anche da quel viaggio il libro del professor Venturini, dedicato a Luigi Arbizzani e a Marcello Montagnana (figlio di Massimo Montagnana, fratello di Rita, moglie di Togliatti), pubblicato in Australia con il titolo Never give in (Non mollare), in onore del primo giornale antifascista fondato da Gaetano Salvemini e Piero Calamandrei, nel 1925. Con Venturini nacque anche un’amicizia che dura tutt’ora nel tempo. Grazie a lui conobbi, inoltre, un altro grande antifascista scomparso alla fine del 2018, l’avvocato Francesco Berti Arnoaldi Veli, in quanto erano amici di lotta partigiana.
Schiassi era uomo libero e di buoni costumi, che difendeva chi stava peggio e lottava per la libertà delle persone, trasmettendoci un messaggio morale di grandezza non misurabile. Per questo si scelse, nel 2008, di riportarlo a casa. Oggi riposa all’entrata del cimitero di San Giorgio di Piano. A quella cerimonia partecipò anche Venturini, che in quell’anno compiva 80 anni.

Omero Schiassi nacque a San Giorgio di Piano il 3 settembre 1877, da una famiglia di droghieri, di fede socialista. I suoi genitori non erano sposati, e per quell’epoca già rappresentavano una voce fuori dal coro. Dopo la laurea in legge, divenne avvocato (in un’epoca in cui in tutta l’Emilia-Romagna sostenevano l’esame da avvocato circa quindici candidati ogni anno), lavorò per la Camera del Lavoro di Bologna, fu sindacalista dei Lavoratori della Terra, difensore dei diritti dei più deboli. Fu consigliere comunale a San Giorgio di Piano e a Bologna, prima di fuggire in Australia, a Melbourne, nello Stato del Victoria, dove arrivò il 7 aprile del 1924, grazie al fatto che poté imbarcarsi su una delle ultime navi in partenza, con in mano un lasciapassare firmato da Pietro Nenni. In Australia visse per i restanti trentadue anni in una camera di un pensionato, insegnando all’Università e commentando per iscritto tutta la Divina Commedia di Dante Alighieri, pur non sapendo l’inglese. Fu costantemente perseguitato dalle autorità australiane a causa delle sue idee politiche, di lui si ricorda che amasse essere impeccabile nel vestire e che fosse fine uomo di cultura.

In Australia fu fondatore, assieme a Montagnana, di Italia Libera, un movimento di sensibilizzazione e lotta per la liberazione del nostro Paese dal regime fascista. Il 18 aprile del 1943, durante il discorso inaugurale per la fondazione di Italia Libera, disse che: “Era giunto il momento per tutti gli Italiani di unirsi in uno spirito di pacificazione: era necessario primum vivere deinde philosophari […] non è più una questione di mero antifascismo, si tratta ora di salvare l’Italia dal caos incombente, dalla distruzione, dall’annichilimento”.

Straordinaria la forza ideale che ha spinto persone come Schiassi a lottare per la libertà del proprio Paese, a costo della rinuncia a potervi vivere, a rischio della propria libertà e della propria vita, senza guardare al proprio interesse. Come mi disse Venturini: “Schiassi ha scelto di vivere la sua vita in francescana povertà”, piuttosto che sottomettersi al fascismo che lo attorniò anche a Melbourne. Non va dimenticato che a quei tempi la sorte degli italiani che sbarcavano in Australia era quella di vivere in campi di prigionia.

Inoltre, mi sono anche chiesto cosa muove persone come Venturini, disposte a viaggiare mezzo mondo pur di raccontare la storia di persone che neppure ha conosciuto, affrontando viaggi e fatiche fisiche, nonché economiche, non di poco conto. La risposta a questo quesito risiede in una forza e in un amore per i propri ideali che ai giorni d’oggi si stanno evidentemente perdendo, che non ci sono più naturali. Forza che ci permetterebbe di guardare sempre oltre l’orizzonte e corrervi incontro, sapendo che forse mai riusciremo a raggiungerlo.
Come all’epoca di Schiassi, oggi viviamo un tempo difficile. Abbiamo l’impressione che, dopo l’aurora, continui la notte, con il suo gelo, con il suo indistinto che tutto annulla, valori e disvalori compresi. Ricordare Schiassi non è guardare al nostro passato, bensì al nostro futuro.